Il fondo Trilussa

Carlo Alberto Salustri, più noto con lo pseudonimo di Trilussa (Roma, 6 ottobre 1871 - 21 dicembre 1950) visse e lavorò dal 1915 al numero 7 di via Maria Adelaide presso piazza del Popolo, in un palazzo umbertino occupato dagli studi Corrodi concepiti per l’uso come ateliers da parte di artisti (tra questi, Giulio Aristide Sartorio, Pio Joris, Ernesto Coleman, Onorato Carlandi).

L’ambiente, alto e spazioso, era suddiviso in modo da ospitare una zona privata nella parte superiore, cui si accedeva da un ballatoio; e, in quella inferiore, lo studio vero e proprio, in cui trovava posto la vastissima collezione del poeta. Con una modalità che ricordava le Wunderkammer del passato, come anche le stanze più caratteristiche del contemporaneo Vittoriale di Gabriele D’Annunzio sul lago di Garda, agli arredi e alle opere d’arte si affiancavano fotografie, libri, soprammobili, animali impagliati e esemplari botanici, nonché i più disparati oggetti bizzarri o di nessun valore.

Dettaglio di Trilussa con Massimo Bontempelli e Guelfo Civinini a Montecatini,1920 - 1930

Poco dopo la morte di Trilussa, lo studio fu dichiarato di interesse particolarmente importante ai sensi della legge vigente (cosiddetta legge Bottai del 1939); nel 1954 i diritti sui beni dello studio passarono dagli eredi alla Società Fono-Roma, già proprietaria dell’immobile, che l’anno successivo donò i materiali al Comune di Roma. Dopo una permanenza di una decina di anni presso il Museo di Roma in Palazzo Braschi, il Fondo Trilussa fu destinato al Museo del Folklore e dei poeti romaneschi, aperto nel 1977. Ai numerosi oggetti, si aggiunge un sostanziale numero di documenti, carteggi e fotografie che offrono materia per una lettura della vita del poeta e dello scenario in cui visse.

Con la ristrutturazione all’inizio del nostro secolo, cui corrisposero una nuova missione culturale e l’attuale denominazione di Museo di Roma in Trastevere, si procedette a elaborare l’allestimento ancora presente che intende richiamare e suggerire l’originaria configurazione dello studio e l’approccio collezionistico - al tempo stesso coltissimo e accumulatorio - del suo proprietario.

Nel 2002 lo Studio Azzurro concepì un’installazione per raccontare la figura del poeta nella sua complessità di uomo pubblico e privato, con le amicizie e le donne che lo hanno circondato.

La messa in scena dell’opera La Stanza di Trilussa si dispiega tra gli spazi vuoti lasciati nella fitta trama di quadri, mensole e sopramobili, con una selezione di immagini proiettate in movimento che completano il racconto degli oggetti: un proiettore rotante si ferma a sorpresa su quattro punti delle pareti e mostra brevi azioni. Una scacchiera appartenuta a Trilussa viene animata da una partita ancora in corso. Giornali e lettere dell’epoca si srotolano uno sopra l’altro, ripercorrendo la carriera del poeta. All’interno di una cornice scorrono i suoi ritratti. Anna Magnani recita alcune delle sue poesie, in video d’archivio.

Con questa modalità prendono forma, una dopo l’altra, le testimonianze dirette della vita privata e pubblica di Trilussa, che permettono al visitatore di comprenderne la poesia alla luce della quotidianità dei suoi oggetti e della sua vita. In questa stanza narrativa, una collezione – troppo vasta per essere interamente esposta – viene rievocata virtualmente e diviene collegamento tra il pubblico e il mondo personale di Trilussa.