Dalla casa museo alla videoinstallazione

Nel 1915, a 44 anni, Trilussa trova finalmente una definitiva sistemazione abitativa, in via Maria Adelaide, nella nuova zona che si sta sviluppando attorno a piazza del Popolo. Qui, in una palazzetto umbertino, si trovano gli "studi Corrodi", atelier per pittori e scultori creati dalla famiglia Corrodi. Negli studi Corrodi hanno lavorato tra gli altri Enrico Coleman, Pio Joris, Giulio Aristide Sartorio, Onorato Carlandi.
Trilussa riesce ad ottenere in affitto il locale facendo una piccola forzatura: si dichiara pittore, dato che sa anche usare la matita e i colori, come dimostrano i suoi disegni.
Nello studio si entra direttamente dalla strada attraverso grandi porte-finestra. Gli ambienti sono ampi, dieci metri per dieci, e luminosi. I soffitti sono altissimi, tanto da consentire a Trilussa di costruire un ballatoio e la sua stanza da letto: "sopra l'appartamento da scapolo, sotto l'alcova e il museo", come ricordava Mario Dell'Arco.
Quando si trasferisce in via Maria Adelaide porta tutto ciò che aveva accumulato nelle precedenti abitazioni. Qui si aggiungono ancora oggetti, quadri, mobili, fotografie, libri, animali impagliati e in terracotta, tappeti, bacheche didattiche, statue grandi e piccole e una quantità di cianfrusaglie.
Una infinità eterogenea di oggetti grandi e piccoli, di valore o meno, che accumula nel tempo o che gli amici e gli ammiratori gli regalano. Tutto viene conservato e a tutto Trilussa trova un posto, creando angoli, nicchie, sfruttando ogni spazio disponibile con un effetto finale quasi da bazar: "Una specie di eremo che ha del fiabesco" , come lo definisce Alfredo Benedetti nel 1935.
Nello studio passano un gran numero di persone: amici, artisti e gente di spettacolo, poeti, molte donne, persone che chiedono un parere sulle loro opere o una raccomandazione, gente comune e, come scriveva Giovan Battista Angioletti, "tutti lo chiamavano familiarmente Tri, sicché talvolta a furia di sentir gridare Tri e tri e tri, pareva che la casa fosse invasa da un nugolo di grilli".
Il 21 dicembre 1950 Trilussa muore ed alcuni parenti rivendicano i loro diritti successori. Il 3 febbraio 1951 il Ministro della Pubblica Istruzione dichiara che "lo studio del poeta Carlo Alberto Salustri con le suppellettili, i manoscritti, le memorie, i cimeli, i libri, gli oggetti d'arte che in esso si conservano, ha interesse particolarmente importante ai sensi dell'articolo 2 della legge 1° giugno 1939, n.1089, per il suo riferimento con la storia della letteratura e della cultura e viene quindi sottoposto a tutte le disposizioni di tutela contenute nella legge medesima".
Già nel 1942 lo studio era stato acquistato dalla società Fono-Roma per adibirlo a laboratorio per la sonorizzazione di film. Il 17 luglio 1954 gli eredi di Trilussa donano tutti i loro diritti su quanto è contenuto nello studio alla Società Fono-Roma la quale, il 20 maggio 1955, offre al Comune di Roma la donazione Trilussa, accollandosi tutte le spese di trasporto e del successivo allestimento dei materiali.
Il 26 gennaio 1960 la Fono Roma comunica al Ministero della Pubblica Istruzione e rinnova al Comune di Roma la propria disponibilità a donare i cimeli Trilussa e riferisce di aver incaricato l'arch. Andrea Busiri Vici della progettazione delle vetrine e dell'allestimento della sala. Il 30 agosto dello stesso anno il Ministero della Pubblica Istruzione revoca il vincolo apposto nel 1952, vincolo che rendeva impossibile qualsiasi altro utilizzo dei locali di via Maria Adelaide.
Il Museo di Roma, anche dietro suggerimento dello stesso Ministero dell'Istruzione, viene individuata quale sede più idonea ad ospitare la ricostruzione dello studio del poeta.
Nel corso del 1960-61 si avviano i lavori di ristrutturazione di alcuni locali del piano terra del Museo di Roma e il trasferimento di parte dei materiali dello studio di via Maria Adelaide.
Lo studio rimane a Palazzo Braschi fino al 1967. Nel 1973 ne viene deciso lo spostamento nel costituendo Museo del Folklore e dei Poeti Romaneschi in piazza S. Egidio a Trastevere. Nel 1980 vengono affidati all'architetto Pia Pascalino i lavori di sistemazione dei locali dell'altana del Museo del Folklore per ospitarvi una selezione di oggetti significativi dello Studio del poeta, che verrà aperto al pubblico nel 1981.
Nel 1997 iniziano i lavori di ristrutturazione del Museo del Folklore che riapre nel settembre del 2000 con la nuova denominazione di Museo di Roma in Trastevere.
In questa occasione è stato ripensato anche l’allestimento dello studio del poeta con criteri museografici più avanzati e con l’aiuto di moderne tecnologie, utilizzando, oltre a parte della collezione, anche spezzoni di filmati dell’Istituto Luce che mostrano alcune rare immagini di repertorio relative al poeta. La videoinstallazione progettata da Studio Azzurro proietta su quattro punti diversi delle pareti quadri animati all'interno dei quali scorrono immagini realizzate con oggetti, fotografie, lettere, cartoline, giornali, disegni e filmati.