Il Carnevale

Joseph Ferrante Perry, La mossa dei barberi, 1827, particolare

I festeggiamenti del carnevale romano si concentrano nella settimana precedente la Quaresima e sono rigidamente regolamentati. Il carnevale ha con le sue feste e i suoi riti una funzione oppositoria e liberatoria sia al livello individuale che collettivo. Ogni anno infatti si rinnovano gli avvisi e i bandi delle autorità volti a tenere sotto controllo e a circoscrivere la trasgressione carnevalesca.
L’esibizione delle maschere (l’altro da sé), gli scherzi, le battaglie dei confetti, le sfilate dei carri allegorici, le corse dei cavalli, i "moccoletti", si svolgono, principalmente sulla via del Corso e per le strade adiacenti, dove nel 1466 papa Paolo II aveva trasferito la festa da piazza Navona e da Testaccio, fino ad allora luoghi deputati per le feste carnevalesche a carattere pubblico.
Un elemento centrale e ricorrente del carnevale è rappresentato dalla corsa dei barberi. I barberi, cavalli di corporatura bassa e robusta provenienti dal nord Africa, corrono senza fantino lungo tutta via del Corso tra due ali urlanti di folla. La corsa ha inizio con la “mossa” in piazza del Popolo e si conclude a piazza San Marco, ora piazza Venezia, con la "ripresa".
L’ultimo giorno di carnevale, con i "moccoletti", si ricomponevano in un solo grande avvenimento tutti gli aspetti più importanti della festa: il richiamo della morte, l’azzeramento delle differenze di censo, sesso e generazione, la violenza ritualizzata, la purificazione dal male e soprattutto una straordinaria pulsione di libertà collettiva. Ognuno doveva mantenere acceso il suo "moccolo", la candela che aveva in mano, e, nel frattempo, cercare di spegnere quello del suo vicino. Chiunque, principe o popolano, rimaneva "senza moccolo" diveniva bersaglio di ingiurie alle quali non poteva reagire.